martedì 28 dicembre 2010

Tex Willer

Una delle mie letture fumettistiche preferite da adolescente è stata la saga di Tex. Tex Willer, il ranger in perenne lotta con schiere di ladri, truffatori, assassini e politicanti corrotti. Tex amico degli indiani in un’epoca dove la filmografia western li poneva sempre tra i cattivi. Strenuo difensore della libertà e della legalità, al servizio dei più deboli, antirazzista.

Una figura d’eroe che catturava gli adolescenti di allora. La lotta tra la giustizia e il male, impersonificato dal nemico più famoso di Tex, Mefisto. Ma la rappresentazione simbolica va oltre l’eroe. Tex sposa un’indiana Navajo, Lilith dalla quale avrà un figlio di nome Kit. Lilith morirà ma Tex le resterà fedele a voler sottolineare l’importanza di un ideale d’amore. Il figlio, una volta cresciuto, accompagnerà il padre nelle sue avventure. Tex è un padre che potremmo definire ingombrante e questo determina in Kit la volontà di emularlo nel tentativo infruttuoso di superarlo. Questo gap consente però a Kit di trovare una propria identità (il Piccolo Falco come è chiamato dai Navajos). Pur partecipando alle imprese del padre si avverte lo scarto generazionale. Scarto generazionale amplificato dalla presenza di Kit Carson, l’anziano compagno di avventure. La presenza di Carson stempera la seriosità e ombrosità di Tex (i Navajos lo chiamano infatti Aquila della Notte). Carson, spietatamente ironico, pessimista e dongiovannesco, ha la funzione che avrebbe il nonno (i Navajo lo chiamano Capelli d’Argento) in una famiglia patriarcale: più riflessivo e cauto, cassandrico, ma anche pronto all’azione nel momento in cui viene messa a repentaglio la stabilità familiare. Memorabili le discussioni tra Tex e Carson nelle quali traspare amicizia sincera, ironia ed il comico pessimismo del vecchio compagno. Carson:"Scherzi? Andare laggiù è come infilarsi nella tana di un orso”.Tex:”Porterò con me un bel mucchio di miele”. Carson: “E io porterò un bel mucchio di crisantemi da infilare nei buchi che avranno fatto nella tua pelle”.
Tex :”Grazie angioletto!” Tex lo chiama spesso “Vecchio Cammello”. Come non ricordare gli appellativi che gli adolescenti davano ai loro padri ritenuti vecchi? Che dire della presenza silenziosa e discreta dell’altro compagno di avventure il navajo Tiger Jack? Una sorta di amico della famiglia, un supporto nei momenti di difficoltà. Difficile che il figlio Kit possa avere dei comportamenti a rischio. Tex non lo rinchiude in una teca protettiva ma lo apre all’esperienza e alla responsabilità. Interessante il linguaggio, colorito, un mix di durezza e ironia che accompagna i lettori coinvolgendoli in prima persona nelle avventure. Esempi: “Fermo o ti apro una finestra nella carcassa”, "Il che dimostra con che razza di cervelli da galline siano ammobiliate le vostre teste", “Sta già spalando carbone nelle caldaie di messer Satanasso!”. Anche il menu del saloon non sfugge: “Ordinerò una bistecca alta come una casa, una montagna di patatine e torrenti di birra”. E’ un lessico ricco di metafore e figure retoriche, teso a sdrammatizzare gli episodi più crudi e violenti. Certamente non potremmo aspettarci un Tex Willer dai nervi d’acciao che necessita di un psicoterapeuta. Chiede invece più volte aiuto ad El Morisco, egiziano piuttosto corpulento trasferitosi in Messico, esperto di magia e paranormale, dipanatore di misteri. Qui Tex è consapevole del proprio limite e quindi compie un esercizio di umiltà che non stona assolutamente col personaggio. Forza, perseveranza ed umiltà rappresentano indubbiamente virtù che mal si conciliano con la violenza. Leggendo Tex non si ha comunque mai l’impressione, malgrado le sparatorie e scazzotature, che sia un fumetto violento.

Nessun commento:

Posta un commento