martedì 14 febbraio 2012

Social Network

E’ un dato di fatto che i Social Network stiano riscontrando un enorme successo. Facebook ad esempio è il secondo sito web visitato dopo Google. E’ incontestabile che se utilizzati cum grano salis abbiano una loro utilità: ritrovare amici, parenti o compagni di scuola sparsi nel mondo, scoprire gruppi od associazioni di nostro interesse e così via. Ma rappresentano anche un luogo competitivo dove è presente una sottintesa corsa per inventarsi più amici. Utilizzo il termine “inventare” perché è evidente che l’amicizia in un social network non ha la valenza di un amicizia de visu.
Alcuni si fregiano di migliaia di amici. Ma sono virtuali che reali. Alcuni semplicemente degli sconosciuti. E’ come passare accanto a qualcuno sul marciapiede e sostenere che questo equivalga ad esserne amico oppure considerarsi amico del casellante dell’autostrada al quale abbiamo pagato il pedaggio. Non dobbiamo dimenticare che quando si digitano sulla tastiera le tre W entriamo in un mondo virtuale e reale nel medesimo tempo. Lo spazio/tempo si annulla e scopriamo che possiamo dialogare con qualcuno che si trova dalla parte opposta del globo terrestre. Il Web può forse essere definito come la quinta dimensione. Ma cosa rende il Web così coinvolgente tanto da indurre in diversi casi delle vere e proprie dipendenze? E’ forse la possibilità di comunicare facilmente oppure è la modalità con la quale si comunica? E’ la facilità di accedere a qualunque tipo di informazione? Ancora è l’idea di poter gettare uno sguardo indiscreto nella vita degli altri (Facebook, Twitter ecc.)? Difficile poter dare una risposta. Certamente il dialogare senza mostrarsi, annullando il linguaggio non verbale è un fattore attrattivo molto potente. E’ significativo che nelle chat, nelle mailing list, nelle e-mail si adoperino spesso nomi o sigle che nascondono la vera identità del navigante, i cosiddetti nickname. Questo avviene anche su siti web a carattere scientifico e culturale dove non dovrebbe sussistere alcuna motivazione mimetica. E’ possibile cambiare identità, sesso, assumere ruoli diversi. Potremmo fingerci ingegneri, medici, padri, madri, inventori ecc.. Internet è uno strumento utile e vantaggioso ma è anche un teatro. Un teatro dove ognuno può sentirsi protagonista, ma è un protagonismo effimero che si stempera tra migliaia di protagonismi. Un caos di identità, il palcoscenico dei sé falsificati e adattati ad altri sé che non sappiamo se reali o virtuali, veri o costruiti. In definitiva è un “Grande Fratello”. Non è un caso che i cosiddetti reality siano nati nell’epoca di Internet. Altro non è che lo spostare lo sguardo indiscreto dal web alla tv. Occuparsi di altri per non occuparsi di sé, per fuggire alla propria domanda di senso che prima o poi comunque busserà alla porta. Tutto questo da forse l’illusione del potere ma è un potere illusorio che non ha riscontri nella vita reale. Potere che ci trasportiamo anche con lo smartphone di ultima generazione che ci fa stare su Facebook anche quando viaggiamo in treno.
Tutto ciò probabilmente nasconde la necessità di superare la solitudine dell’uomo di oggi, mascherata dai 1500 amici su Facebook. In Giappone il numero di suicidi tra i giovani ha subito un incremento nell’era del Web. Non che ci sia una relazione diretta ma certamente anche lo spazio digitale funge sia da cassa di risonanza per gli aspiranti suicidi sia come occasione per persone fragili di sentirsi finalmente qualcuno magari morendo da “eroe”, togliendosi la vita davanti ad una webcam. Se si crede che gli adolescenti accedano al web per fare ricerche scolastiche o per incrementare la loro cultura scolastica ci illudiamo. Ormai possedere una email, un profilo su Facebook o Twitter o chattare in Messenger assume lo stesso tratto distintivo che aveva negli anni 70 il possedere l’eskimo o la borsa di pezza per i libri. Internet è anche il luogo del narcisismo, il luogo dove mettersi in mostra conservando l’anonimato il che paradossalmente lascia incompiuto lo spunto narcisista. E’ pure il luogo della trasgressione. E’ un teatro che lascia il palcoscenico ai nostri Mister Hyde che in situazioni relazionali normali terremmo nascosti. Se entriamo in Facebook ad esempio troviamo di tutto: dai gruppi razzisti, agli idolatri dello spinello, a coloro che vorrebbero sparare ai bambini Down. I Social Network potrebbero suggerire modelli di comportamento negativi. Il controllo parentale è necessario ma ha un limite spazio-temporale così come la presenza di software che impediscono l’accesso a determinati siti. Purtroppo gli adolescenti di oggi sono perfettamente in grado di aggirare qualunque ostacolo informatico. Il fenomeno degli hackers si presta ad interpretazioni interessanti. Cosa spinge alcune persone ad intrufolarsi nei sistemi informatici di altri? E’ una dimostrazione paradossale di abilità informatica. Paradossale stante l’anonimità. Forse è un eccesso di narcisismo oppure è un comportamento tendente ad incrementare il proprio valore, la propria autostima. A volte la trasgressione sconfina nel reato. Se dal punto di vista umano la pirateria informatica da parte dei ragazzi può essere comprensibile, non lo sono le truffe perpetrate attraverso il pc di cui è emblema il pishing, mezzo truffaldino odioso in quanto fa leva sull’ingenuità che spesso appartiene alle persone oneste o a quelle fragili. Che dire di quegli adolescenti che filmano col cellulare compagni di classe o insegnanti a loro insaputa? O quelle ragazze che in cambio di ricariche telefoniche spediscono le loro foto in costume adamitico? Sono tutte situazioni nelle quali non esiste interrelazione sociale, come se nell’etere si diluisse presenza e responsabilità. Le persone si misurano nella relazione e non al di fuori di essa. L’essere visibili ci rende sicuramente più indifesi ma ci costringe a metterci la faccia, ad affrontare in prima persona le relazioni. Anche qui non è un caso che ci vengano proposti contratti di fornitura di servizi o merce di vario genere per via telefonica. Il nostro immaginario ci porta l’illusione che dall’altra parte qualcuno stia pensando a noi e che ci faccia risparmiare sulla bolletta della corrente elettrica o del metano. Se l’attore teatrale è visibile, in Internet vige l’immaginazione. L’immaginazione è anche proiezione ed attesa. Proiezione delle proprie fantasie ed attesa dell’altro. Un esempio emblematico: due persone chattano per mesi, poi decidono di conoscersi di persona. Si danno appuntamento in un luogo prestabilito e scoprono che sono dirimpettai nello stesso condominio. Potrebbe essere la trama di un film ma forse è accaduto nella vita di qualcuno. In ogni caso è evidente che il vedersi, l’ascoltare la voce, darsi una stretta di mano restano insostituibili. Nella realtà diventa complicato recitare, cambiare identità e ruoli. L’altro ti osserva. L’altro ti scruta, intuisce, interpreta e a volte giudica. Una macchina, pur perfetta non può sostituire l’uomo; un software non ne può suffragare le funzioni. L’idea di accedere al mondo intero con un click è stimolante ma può diventare pericolosa quando quel click porta la persona a fuggire la realtà e a mascherarsi. Le persone possono anche divertirsi nel teatro Internet, l’importante è non perdersi sul palcoscenico. Lo smarrimento virtuale a volte porta molti ragazzi a cadere nelle trappole di predatori che utilizzano la rete come mezzo di adescamento (grooming). Proprio la possibilità di mascherarsi agevola il loro compito. Il Parlamento ha recentemente introdotto il reato di adescamento on line facendo propria la convenzione di Lanzarote del 2007. E’ altresì vero che purtroppo non esiste un controllo degli accessi a determinati siti. Un minore può entrare in qualunque sito web dichiarando generalità ed età fittizie. La maggior parte dei siti infatti chiede di autodichiarare la maggiore età. Il legislatore dovrebbe quindi introdurre meccanismi diversi per accedere alla rete, magari rischiando l’impopolarità. I social network sono lo specchio della globalizzazione ma nel medesimo tempo, citando Marshall McLuhan sociologo canadese, tendono a modificare il sistema culturale. Il cambiamento di cultura implica anche dei cambiamenti delle abitudini connesse alla salute delle persone. I social network, al pari degli altri marchingegni elettronici, Play Station, XBox, DS ecc., ha ridotto notevolmente l’attività fisica degli adolescenti. Spesso quando incrocio i ragazzi che vanno a scuola ne osservo la flemmaticità, quasi un trascinarsi verso l’edificio scolastico. L’impatto sulla salute non sempre è percepibile dalla gente comune perché entra a far parte della quotidianità. Il nostro modo di vivere è decisamente cambiato ed un raffronto alla giovinezza di noi adulti viene spontaneo. Non stiamo costruendo i luoghi del vivere a misura d’uomo ma a misura tecnologica. Oggi non ci si preoccupa di creare piazze per poter consentire ai bambini di giocare ma si progettano per consentire il collegamento Wi-fi accessibile a tutti. Ancora, tramite il digitale terrestre si può accedere ai più svariati canali televisivi alcuni generici altri a contenuto specifico. C’è dunque un bombardamento d’informazione, una diffusione ormai capillare dell’etere. Il rischio è di determinare una sudditanza nei confronti di poteri mediatici ed economici. In realtà la sudditanza è già presente e sta condizionando pesantemente il nostro sistema culturale. Paradossalmente i social network, che teoricamente dovrebbero consentire la libertà espressiva, la libertà relazionale, al contrario ci chiudono l’orizzonte relazionale relegandoci dietro una scrivania nell’infruttuoso tentativo di soppiantare la solitudine.





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